Roberto Trimarchi Stuzzicando a modo mio

DALLA CUCINA ALLA CARTA E ALLA PENNA 
LO CHEF ROBERTO TRIMARCHI COCCOLA IL PALATO CON IL SUO GOLOSO FINGER FOOD PER OGNI OCCASIONE

Chiacchierata a tutto tondo con il delegato per Ristoworld Italy della fascia jonica del Messinese in occasione dell’uscita della sua prima opera scritta “Stuzzicando a modo mio”.
“La cucina è impegno, conoscenza, cultura alimentare, esperienza, entusiasmo, serietà”. Parola di Roberto Trimarchi!
 
Roberto Trimarchi, 45 anni, in cucina da quando ne aveva 14, è uno chef molto apprezzato e conosciuto nel settore (leggi la scheda), grazie anche a numerose gare e competizioni regionali e nazionali che lo hanno visto protagonista. Delegato della fascia jonica della provincia di Messina per l’associazione di cucina e turismo Ristoworld Italy, nelle settimane scorse ha pubblicato “Stuzzicando a modo mio”, un volume che appare una sorta di breviario dei colori e del gusto con il quale lo chef Roberto offre un manuale operativo per realizzare antipasti e piccole coccole di apertura pasto partendo, ovviamente, dalla stagionalità e dal legame con il territorio. 

Cuoco...è l’inizio di un’avventura che, col tempo, diventa una passione, si trasforma in qualcosa che fa parte di te e ti dà lo stimolo nel creare qualcosa di tuo”. Scrivi così all’inizio del tuo libro. Da dove nasce l’idea di scrivere questo primo libro?
«”Stuzzicando a modo mio” è il racconto della mia esperienza in finger food, ma non solo questo. Sono aperitivi misti e classici ma anche moderni che ho sperimentato in diverse occasioni e che ho voluto mettere a disposizione di tutti i lettori. È il mio primo libro, scritto nel periodo di pandemia che ha costretto tutti noi a fermarsi: questo stop forzato mi ha permesso di concretizzare un progetto che avevo da molto tempo in testa. Ho voluto fare partecipe i lettori di alcune mie creazioni: le ricette di questo libro non sono state create solo per professionisti, ma anche per amatori che hanno voglia di cimentarsi nella realizzazione di piccole prelibatezze a base di finger food salati e dolci, tartine, di vario genere, a base di pesce, formaggi, salumi ed altro. Possono essere cotti o crudi, caldi o freddi o accompagnati con delle salsine, da degustare in qualsiasi momento della giornata, magari come aperitivo con gli amici, o anche quando si hanno ospiti a cena. Durante un happy hour o in eventi come matrimoni, compleanni, cresime, ecc.… Si possono servire con posate e piatti adatti o si possono anche mangiare in un solo boccone prendendoli con le dita come il classico finger food».

Parlavi di pandemia e stop forzato: come sta cambiando la ristorazione in questo particolare momento?
«Sta cambiando il modo di accostarsi al cibo e alla ristorazione. Sta mancando la gioia del rapporto umano e della convivialità: a livello pratico, per noi operatori è un disastro, con difficoltà legate alla operatività sicuramente, ma anche al rapporto con i nostri ospiti e clienti. Abbiamo azzerato quasi totalmente il rapporto confidenziale e amichevole che, di solito, interviene quando un cuoco o uno chef esce in sala a salutare. Mi auguro che possa questo clima possa alleggerirsi presto per potere così tornare a vivere in maniera più serena».

Cucina e televisione, chef e telecamere: è tutto oro quello che luccica? Non ti senti, come categoria, sovraesposto mediaticamente?
«Penso che alcuni programmi siano utili; altri no. Chiamarsi chef significa tanto: io ho percorso tutti i livelli per raggiungere questo ruolo e per mantenerlo. Oggi si chiamano tutti chef ma, in realtà, quanti lo sono davvero con tutte le compente operative, strategiche e professionali che ne conseguono? Ci sono persone che ritengono che arrivare in tv significhi raggiungere già il top della carriera: la cucina è impegno, conoscenza, cultura alimentare, esperienza, entusiasmo, serietà. Molti chef, habitué in tv, quando si ritrovano dal vivo in una cucina mi sembra rimangano un po’ a disagio, proprio per mancanza di esperienza operativa sul campo».

Ritieni utile istituire l’albo professionale degli chef?
«Sarebbe bello avere un albo professionale degli chef, al quale accedere dopo una selezione e una verifica da parte di una commissione seria e qualificata in ambito regionale e nazionale. Mi piacerebbe perseguire questo progetto, ma ancora di più mi piacerebbe assistere all’impegno di tutti i responsabili di categoria per dichiarare il mestiere di cuoco come “usurante”. Il mondo della cucina, dei cuochi e delle Giacche Bianche, dovrebbe essere trattato in maniera più sensibile da parte delle istituzioni e del mondo politico».

Cucina tradizionale o innovativa? Antica o moderna? 
Come ti posizioni in questa griglia?
«Tradizionalista o innovatore? Risento molto della cucina territoriale e mediterranea. Agrumi, frutti, erbe e spezie connotano un territorio e lo contraddistinguono. Mi sono specializzato in finger food e ho avuto modo di fare e sperimentare tantissimi abbinamenti usando cibo locale, di stagione, frutta e verdura cercando di abbinarli anche in maniera ardita con formaggi e altri alimenti del territorio. Abbiamo un paniere agroalimentare e dei vini molto esteso e dobbiamo valorizzarlo ogni giorno. Una scommessa che bisogna vincere in nome e per conto della buona e sana alimentazione».
Marcello Proietto di Silvestro
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